Le patine biologiche sono tra le principali cause di degrado nei Beni Culturali esposti in ambiente esterno. Sono molte le soluzioni sviluppate negli anni per far fronte a questo problema: prodotti tradizionali con sali d’ammonio quaternario, sistemi enzimatici, miscele a base di oli essenziali. Ma in fase progettuale o di cantiere, come si valuta la reale efficacia di un prodotto biocida? Di seguito alcuni spunti e suggerimenti per un monitoraggio non invasivo.
Test di pulitura e valutazione con microscopia digitale
Tra le ultime campagne diagnostiche eseguite, citiamo il caso del Museo Campano di Capua. Steli romane in calcare dolomitico conservate nel cortile interno sono state sottoposte a test di pulitura con sali d’ammonio quaternario, detergenti chelanti e acqua ad alta pressione. Le immagini ottenute in microscopia digitale a fibre ottiche hanno permesso di valutare l'efficacia dei prodotti semplicemente verificando la presenza di cellule vitali e di clorofille. La rottura delle membrane cellulari e la liberazione di prodotti metabolici comporta viraggi di colore dal verde al rossastro e conferma l’azione specifica sulle patine di tipo biologico.
Superficie in calcare dolomitico contaminata da biodeteriogeni (Foto al microscopio digitale, luce riflessa, 200X).
Superficie pulita con acqua ad alta pressione. Permangono cellule vitali ricche di clorofille (Foto al microscopio digitale, luce riflessa, 200X).
Superficie trattata con Cheler A (detergente chelante), in posa per 12 ore, spazzolato e rischiacquato con acqua (Foto al microscopio digitale, luce riflessa, 200X).
Trattamenti preservanti e monitoraggio con bioluminometro
La rimozione dei biodeteriogeni non risolve totalmente il problema. Spesso la loro ricrescita in contesti molto esposti è abbastanza rapida. Si rende quindi necessario un trattamento protettivo preservante che rallenti la proliferazione del primo biofilm.
Citiamo il caso di Prato della Valle a Padova, dove al restauro delle sedute in pietra di Vicenza è seguita l’applicazione di un protettivo idrorepellente sol-gel a base di nanosilice, additivato con nanoparticelle di argento (SIOX-5 RE10S + Stone AG). Il progetto è stato seguito da un monitoraggio di un anno (2021-2022) eseguito con bioluminometro.
Il sistema prevede l’utilizzo di tamponi che rilevano le molecole di ATP presenti naturalmente in tutte le cellule animali, vegetali, batteriche, nelle muffe (biodeteriogeni). Quando l’ATP viene in contatto con il reagente luciferina/luciferasi, contenuto in ogni tampone, si scatena una reazione che provoca l’emissione di luce in quantità direttamente proporzionale alla concentrazione di ATP presente sul tampone. Il bioluminometro misura la luce generata, indicando il livello di contaminazione. L’unità di misura utilizzata per la quantificazione di ATP rilevato è l’ RLU, ovvero unità di luce relativa, che rappresenta un numero proporzionale al quantitativo di ATP campionato mediante tampone.
Il monitoraggio, eseguito su superfici di controllo sia verticali che orizzontali, ha permesso di verificare il mantenimento della funzione preservante delle nanoparticelle di argento. Come si vede dal grafico, i livelli di attività biologica si sono mantenuti molto bassi rispetto alle aree contaminate, confermando l’efficacia del trattamento a distanza di un anno, nonostante il monumento sia molto frequentato, sollecitato ed esposto a questo tipo degrado.
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