Quello della calce calda, ovvero dello spegnimento in opera della calce viva, è stato un metodo molto utilizzato in passato. Gli intonaci realizzati con questo sistema si contraddistinguono per un'elevata resistenza meccanica e per delle particolari caratteristiche morfologiche.
Le analisi diagnostiche possono aiutare nell’identificazione di questa metodologia? Quali sono i caratteri distintivi? Con che tecnica analitica si possono facilmente riconoscere?
Calce viva spenta in opera: caratteristiche e diffusione
La tecnica dello spegnimento in opera è stata utilizzata soprattutto nel nord Italia fino al XIX secolo. In Nord Europa viene ancora utilizzata sia in interventi di restauro che in edilizia tradizionale. Le malte realizzate con questa tecnica erano caratterizzate da facile lavorabilità e da ottime proprietà meccaniche. L'elevata durabilità può essere infatti spiegata dalle particolari caratteristiche morfologiche, ovvero nella microporosità generata dallo sviluppo di vapore nella fase di spegnimento (la reazione tra calca viva ed acqua genera temperature elevate), che rende questo tipo di malte più resistenti all'azione del gelo.
Immagine ESEM (BSD) della sezione ludida di un campione di malta di Palazzo Arrigoni (Vittorio Veneto, TV).
Particolare della microporosità della matrice legante, tipica delle malte a calce calda.
Metodi analitici: il caso studio di Palazzo Arrigoni
Il metodo analitico più indicato per riconoscere questa particolare tecnica è l'analisi dei campioni di malta allestiti in sezione lucida trasversale, con valutazioni della microstruttura grazie alla strumentazione ESEM-EDS. Le malte ottenute con spegnimento in opera sono caratterizzate dalla compresenza di tre indicatori:
- una elevata quantità di legante (solitamente il rapporto legante/inerte va da 1/1 a 1/2);
- la presenza di inclusioni biancastre di calce non ben amalgamata, riconoscibili nelle immagini BSD dalla stessa intensità di segnale della matrice (stessa composizione) ma da diversa porosità;
- la microporosità tipica della matrice legante.
Queste tre caratteristiche sono state ben individuate durante le analisi presso Palazzo Arrigoni di Vittorio Veneto (TV), durante la fase diagnostica propedeutica al restauro delle facciate. I risultati hanno permesso infatti di spiegare sia la tenacia che l’ottimo stato di conservazione delle porzioni originali rispetto ad altre aree di rifacimento.
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